Le misure covid e il diritto dei bambini allo sport, quali rapporti? Una riflessione a partire dalla Carta dell’Unesco (1992)

Le misure covid e il diritto dei bambini allo sport, quali rapporti? Una riflessione a partire dalla Carta dell’Unesco (1992)

 

Al di là del buon senso, che vorrebbe i bambini in all’aperto in spazi idonei, anziché chiusi in casa – evidenze dimostrano i rischi nella trasmissione del virus proprio in ambiente domestico, la scelta federale di dire stop agli allenamenti di Pulcini e Children fino al 3 dicembre, contravviene a un preciso diritto dei bambini stessi, quello di “fare sport”. (Possono quindi allenarsi, come da protocolli sanitari vigenti, i nati dal 2004 al 1976, esclusi master cat. B e C).

Lo sport, per i bambini, è un dovere, per tutelare la salute, crescere a livello cognitivo, emotivo e relazionale-sociale, ma anche per “scaricare la tensione” e le energie, incontenibili a quell’età. Ma, ancora prima che un dovere, lo sport è un diritto.

A tale proposito, l’Unesco, già nel 1992, ha redatto, a Ginevra, La Carta dei diritti dei bambini nello sport, che, in 11 punti chiave, regolamenta le attività sportive per bambini.

Rispettando l’idea di sport come divertimento, i primi due punti: il “Diritto di divertirsi e di giocare come un bambino” e il “Diritto di fare lo sport”, insistono sul fatto di non rendere l’ambiente sportivo troppo competitivo; perché, da bambini, esso è fondamentalmente un gioco. Regole troppo severe e rigide, o carichi d’impegno eccessivi, infatti, rischiano di far abbandonare l’attività sportiva già intorno ai 12-13 anni.

Il terzo punto è particolarmente significativo: il “Diritto di beneficiare di un ambiente sano”, sia dal punto salutistico, bandendo ogni tipo di doping o sostanze vietate, che dal punto di vista dei comportamenti da tenere tra giocatori, avversari, giudici e arbitri di gara. Inoltre, come recita il quarto punto: il “Diritto di essere trattato con dignità”. I bambini e i ragazzi, infatti, non sono degli oggetti “da plasmare” e non è corretto, pedagogicamente, fare leva sulla gestione del disagio e la frustrazione.

Essendo lo sport motivo di crescita personale e atletica, i ragazzi hanno il “Diritto di essere allenati e circondati da persone qualificate”. Maestri e allenatori sono a tutti gli effetti degli “educatori” e là dove possibile, sul piano organizzativo e delle risorse, vanno inserite negli staff figure tecniche di supporto e/o proposte attività formative in area pedagogico-educativa e affini.

I punti 6, 7 e 8 sottolineano come sia un diritto, per i giovani, di praticare attività adeguate ai propri ritmi, con gare pensate per loro (in versione “mini”: mini-tennis, mini-basket, ecc.), misurandosi con ragazzi che abbiano la stessa probabilità di successo. È molto importante, per i bimbi, infatti, avere la possibilità di esprimere il loro potenziale, ma allo stesso tempo imparare a vivere la sconfitta.

Il punto 9 ribadisce il “Diritto di praticare il proprio sport nella massima sicurezza”, in strutture o contesti naturali sicuri, realizzati nel rispetto delle normative vigenti, per non rischiare infortuni o danni più seri. L’allenamento, inoltre, deve essere ben equilibrato offrendo ai bambini il “Diritto di avere tempi di riposo” adeguati (non solo sul piano fisico, ma anche emotivo e mentale) e, soprattutto, il “Diritto di non essere un campione”!

A quest’ultimo diritto si aggiungerebbe bene una riflessione sul ruolo dei genitori nello sport (in termini di valori trasmessi, aspettative personali, comportamenti, atteggiamenti, forme di supporto ecc.), che svilupperemo in un prossimo articolo.

Enrico Clementi – Educatore, Formatore, Trainer e consulente educativo

https://educationaltutoring.wordpress.com/

Mental Coach Sci Club Orsello-Magnola

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